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La “stipsi aziendale” come opportunità per i brand

Scopri come le aziende più piccole possono vincere focalizzandosi sulle piccole cose.

The dispatch team putting together food parcels for delivery

Nota dell’autore: Mi scuso per il linguaggio: ho usato oltre venti volte la parola “sh*t” (“mer*a”) in questo articolo. Sono sicuramente venti volte più di quelle che le gentilissime persone di MOO si sognerebbero mai di usare. Quindi, se la cosa vi offende, prendetevela con me.

Negli anni ‘60, la società di noleggio auto Avis lanciò una campagna pubblicitaria che divenne leggendaria, almeno nel settore pubblicitario. “Quando sei il numero 2”, si leggeva sui cartelloni sparsi in tutta America, “ti sforzi di più.” Era un modo geniale di trasformare un punto di debolezza (non essere leader di categoria) in un punto di forza (il nostro servizio clienti è migliore). E funzionò, facendo crescere rapidamente la quota di mercato di Avis.

Avis car rental advert from the 1960s

Pur essendo una dimostrazione più di furbizia che di attenzione, è comunque diventato un esempio classico di una verità sempre valida: le aziende più piccole possono vincere focalizzandosi sui dettagli molto meglio delle aziende più grandi. 

Lo vedo spesso con le start-up e le scale-up. Nel 2018, stavo lavorando con il produttore di occhiali Cubitts nell’ambito del posizionamento del marchio e ho chiesto al fondatore, Tom Broughton, cosa rende Cubitts un’azienda diversa/interessante. Ecco la sua risposta: 

“Ci importa. Davvero “we give a sh*t” (ci importa) di ogni singolo dettaglio.”

Non si tratta di una dichiarazione banale, perché Cubitts davvero “gives a sh*t”. È per questo che, per esempio, le cerniere sono avvitate alle montature a mano, invece di essere incollate a macchina. Ed è per questo che aiutano le persone a creare i propri occhiali e pubblicano perfino un giornale splendidamente nerd, The Spectacle. In passato, hanno anche realizzato una scacchiera, e Tom, progettista industriale, ha fatto la prima personalmente. Ma forse l’esempio che mi sembra più significativo è questo: durante la mia ricerca, ho fatto un focus group con alcuni clienti di Cubitt e la responsabile della customer experience ha organizzato la cosa come se stesse aspettando dei VIP, con le sedie distanziate perfettamente e una goodie bag per ogni partecipante. Mentre gli ospiti entravano nella stanza, li vedevo sorridere perché le loro aspettative erano confermate e perfino superate.

A newspaper published by spectacle maker, Cubitts

“Sh*ts given are sh*ts perceived, ovvero l’attenzione viene percepita.”

Questo è il vantaggio migliore per chi “gives a sh*t”. “Sh*ts given are sh*ts perceived” ovvero l’attenzione viene percepita. I clienti lo notano. E nelle piccole aziende che hanno una forte cultura e un insieme di principi condivisi, il fatto di “giving a sh*t” diventa praticamente contagioso. È un approccio che parte dai fondatori e dai vertici per arrivare ai clienti. Più forte è la cultura del “sh*t-giving”, meno questo approccio sfuma man mano che passa dai vertici aziendali al cliente.

Nella mia lista di clienti ci sono vari esempi di aziende con una forte cultura di “sh*t-giving”. I fondatori di Kriya e Sano Genetics hanno iniziato a fare dei podcast spinti dall’entusiasmo personale per i loro settori. Finisterre mantiene elevati standard di produzione sostenibile. Farewill si impegna a fondo affinché affinché chi ha bisogno di fare testamento o organizzare un funerale, abbia il tempo e lo spazio per farlo nel modo più adatto. E il team di Dishpatch mette più cura nel confezionamento degli alimenti di ogni altro servizio che spedisce a domicilio pasti quasi pronti. 

Farewill - a funeral planning brand with a different
Urne con amore versate in esse da Farewill

Una qualsiasi di queste decisioni sarebbe stata bocciata da un cinico, che pensa solo all’ottimizzazione e ai risultati da ottenere nel breve periodo. Ma noi sappiamo che questo tipo di “sh*t-giving” è l’ingrediente speciale che non occorre razionalizzare e non verrà mai compreso da chi razionalizza tutto. Non è possibile attribuire vendite specifiche a questo tipo di attenzione, ma sappiamo che genera un valore che si accumula nel tempo, Una specie di “sh*t-shower”…

Generalmente, si sa che le aziende, man mano che crescono tendono a dare meno valore al “sh*t-giving”. Col passare del tempo, si formano così tanti strati tra il fondatore che all’inizio “gave a sh*t” alle persone che trattano con i clienti che l’attenzione e la cura nei confronti della clientela svanisce quasi completamente. Prevalgono l’astrazione e la politica e il personale è distaccato e disinteressato alla vision aziendale. Inoltre, ci sono troppi processi che mirano all’efficienza. In breve tempo, niente più “sh*t-giving”. Questa si potrebbe definire “stipsi aziendale”.

I veri “sh*t-giver” non sono preoccupati per questo ovviamente, perché sanno quello che conta; a volte, desiderano rimanere piccoli per non veder svanire l’attenzione al cliente. Ma mi colpisce il fatto che, con la rapida accelerazione dell’IA, le piccole imprese rischiano più che mai di perdere questo vantaggio competitivo. Il loro “sh*t-giving” è a rischio. Questo non è un post anti IA. Non sono né cinico né contro la tecnologia e uso spesso l’IA nel mio flusso di lavoro. Ma le piccole aziende tendono a voler utilizzare l’IA per trovare scorciatoie in tutto quello che fanno. 

L’aspetto geniale dei tool di IA generativa e di produttività come otter.ai è che consentono alle piccole aziende di fare di più, più rapidamente. Il grado di facilitazione è davvero entusiasmante. Ma se usati male, questi strumenti costeranno molto più di un piccolo abbonamento mensile Sì, cari lettori, se non state attenti potrebbero iniziare a far diminuire la vostra capacità di “sh*t-giving”. 

An AI design created by Andy Whitlock
Che cosa significa prendersi cura, creato con assoluta imparzialità dall’intelligenza artificiale

O almeno, questo è il rischio. Secondo una visione più positiva, la tecnologia tende ad accrescere il potenziale e l’intento umano, quindi se sei una persona che “doesn’t give much of a sh*t”, l’uso dell’IA non farebbe che accrescere questo tuo atteggiamento. E i clienti se ne accorgerebbero subito. Invece, se sei uno “sh*t-giver” sincero, appassionato e ossessivo (a proposito, complimenti) allora è possibile che l’IA moltiplichi il tuo “sh*t-giving”, consentendoti di dare più attenzione a più persone in più modi.

Anche se ho usato un linguaggio particolare, il motivo per cui mi è venuto in mente tutto questo ha a che fare con MOO, che mi ha gentilmente chiesto di scrivere un articolo. MOO è sempre stata un’azienda che “gives a sh*t”, da quando è arrivata sulla scena. Il fondatore, Richard Moross è ancora lì e, da ciò che vedo, posso affermare che il suo atteggiamento non è cambiato. Si vede nella cultura e nei prodotti MOO. Ogni prodotto è intriso di attenzione è qualità. Ed è attraverso cose semplici come alta qualità e buon design, che ogni piccola azienda può dimostrare l’autenticità del proprio “sh*t-giving”. Preoccuparsi di fare le cose meglio non è una cosa che si può fare per finta.

[Citazione: “Siamo quello che produciamo, quello che facciamo, quello che compriamo e quello che diamo.”]

A causa di tutto questo, MOO attira una clientela fatta di persone che “give a sh*t”. E proprio come questo approccio passa dal fondatore ai dipendenti di MOO, alla fine passa anche nella vita dei loro clienti. L’attenzione e la cura che vanno nelle cose (prodotti, comunicazione, relazioni) è un tipo di valuta sociale. Siamo quello che produciamo, quello che facciamo, quello che compriamo e quello che diamo. Quindi la prossima volta che vuoi dare qualcosa, beh, penso che tu sappia cosa debba essere.

Andy Whitlock è il fondatore di, The Human Half.

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